HOMETALK nasce con la consapevolezza, il riscatto e il sorriso di chi, come noi, è in casa, tra smart working, gare di cucina e tanta voglia di tornare ad abbracciarsi.
Ecco il primo episodio con FASMA!
Come si porta l’emorap sul palco di Sanremo?
In totale onestà, non ne abbiamo la minima idea.
Tiberio, in arte Fasma, ha 24 anni ed è di Roma. Il suo collettivo WFK è stato fondato nel 2016. Due anni dopo esce con “Moriresti per vivere con me”, il suo primo album – un mix di influenze contrapposte in un disco emotional e sperimentale, molto lontano dai gusti dell’ascoltatore medio italiano. Nonostante lo stile underground e ricercato, ha letteralmente spaccato: Marylin M., primo estratto, vanta 18 milioni di plays su Spotify.
Da qui, un salto di due anni nella linea temporale dell’Artista: 2020, nuovo album, nuove esperienze e una Finale a Sanremo giovani.
Ciao Tiberio, sei passato dal palco dell’Ariston alla quarantena chiuso in casa. Avevi bisogno di un po’ di riposo? Raccontaci la tua giornata e dai qualche consiglio ai nostri lettori per queste giornate che sembrano non passare.
Avendo una vita abbastanza frenetica ho molte cose su cui volevo soffermarmi e pensare. Questa quarantena sta diventando un’occasione per farlo. Invito tutte le persone a utilizzare questa quarantena per poter portare avanti qualcosa, un progetto, dei pensieri, un’idea, un libro, un film o quello che sia… e di portarlo avanti cercando di arrivare a termine prima dell’uscita da questa quarantena.
Sanremo è stato un trampolino, tra felicità e paure. Vorrei ci raccontassi questa esperienza: c’è un aneddoto particolare?
Sì, Sanremo è stata un’esperienza che mi porterò dietro per tutta la vita, è un bel ricordo da portarsi dietro. Mi ha regalato un sacco di consapevolezze e ne sono molto felice. Di aneddoti ce ne sono un po’ però forse è meglio non raccontarli.
Io sono Fasma VS Moriresti Per Vivere Con Me. Cos’è cambiato?
Tra “Io sono Fasma” e “Moriresti per vivere con me” la differenza è che c’è stata una crescita personale tra la scrittura dei due album. Crescita personale che poi si è andata a realizzare a livello musicale. Il rapporto con i miei fan si è consacrato e molto consolidato. Le canzoni durano di più proprio perché grazie a loro sono riuscito ad aprirmi ancora di più. Questa è stata una bellissima scoperta perché invece di sederci e far ascoltare alla gente quello che ci si poteva aspettare da noi, abbiamo portato qualcosa di totalmente diverso perché prima di tutto noi facciamo musica per noi stessi. Prima di poter arrivare a qualcun altro questa musica deve arrivare a noi.
Nell’intro “Tu sei Fasma” menzioni una voglia di riscatto che non è mai banale, per ognuno di noi. Anzi, ci aiuta. Ti senti una piccola ancora per chi ti ascolta?
Sì, mi ci sento perché per me loro sono stati, e lo sono ancora oggi, un’ancora che mi ha salvato la vita. Per questo devo tanto a ognuno di loro e voglio far vedere loro che da determinate situazioni si può diventare ancora più forti, come loro lo hanno fatto capire a me. Voglio far vedere loro le consapevolezze che ho raggiunto e che sto raggiungendo ogni giorno, sperando che non possano fare i miei stessi sbagli.
Si parla tanto di classifiche. Ma cos’è per te l’Arte? La Musica va ben oltre.
Non ho mai avuto bisogno di dover pubblicare o di dover ostentare il fatto che fossimo in una buona posizione in classifica perché è una cosa che vivo in maniera molto personale. Se mai l’ho fatto è stato semplicemente per far rendere conto alle persone che ci seguono dall’inizio da dove siamo partiti e dove stiamo arrivando. Per me chi fa musica per arrivare primo in classifica, non fa musica.
La playlist di Fasma: cosa ascolti di solito?
Dentro la playlist di Fasma c’è un po’ di tutto: si va dagli Slipknot a Carla Bruni, a musica francese rap e trap. Penso che la musica che faccio non abbia un genere proprio perché io non ascolto un genere unico. Ho una playlist folta e sicuramente diversificata.
A quale proposta azzardata risponderesti WHY NOT?
Visto il momento che stiamo vivendo direi, perché no, se potessi trascorrere la quarantena in una villa con la piscina e lo studio in casa, perché no?
Intervista a cura di Francesco Alberani