Da Parigi a Milano. Il giovane stilista racconta a WhyNotMag il breve e intenso percorso che l’ha portato alla realizzazione del suo sogno: creare un’azienda tutta sua.

Giovanissimo, determinato, talentuoso. Classe 1991, una laurea al Politecnico di Milano e una passione per Michael Jackson fin da adolescente. Si chiama Marco Laganà, ha 24 anni, viene da Legnano e le sue creazioni, perfetto mix di avanguardia e artigianalità, sono già un successo.

L’ho incontrato a Milano in occasione del White Trade Show 2016, la kermesse dedicata alla creatività dei brand di ultima generazione. Il giovane designer di scarpe è stato al centro del talk sull’impatto dei digital influencer nel fashion system, insieme ai due blogger internazionali Roberto De Rosa e Matthew Zorpas. L’ho intervistato per conoscerlo meglio.

Parlaci del tuo percorso. Come sei arrivato nel mondo della moda?

Ho studiato moda al Politecnico di Milano. Al termine degli studi sono andato a Parigi a lavorare per un brand di scarpe, disegnavo e mi occupavo della creazione di contenuti media per Pierre Hardy. Quindi sono sempre stato un po’ ‘linkato’ al mondo della calzatura. A un certo punto ho deciso di ritornare in Italia e iniziare da solo. Ho incominciato a girare aziende e fabbriche perché in realtà non avevo ancora una conoscenza pratica e tecnica. Mi sono messo a disegnare e ho lanciato la mia prima collezione a gennaio dell’anno scorso con un ottimo riscontro, probabilmente anche per la forza di comunicazione che c’è dietro. Sempre un po’ protettiva però delicata, senza andare a offendere ma con immagini molto forti. Poi ho deciso di prendere una strada tradizionale, non troppo blog all’inizio, seppur il prodotto sia per certi versi molto legato al gentleman style; si tratta di scarpe di fascia medio alta, con un concetto di distribuzione che include il contatto direttamente con le showroom. A giugno 2015, inoltre, ero tra i finalisti di Who is on Next?, ho partecipato al Pitti e attualmente sono alla mostra in Triennale qui a Milano sul nuovo vocabolario della moda italiana. Insomma, un percorso breve ma molto intenso.

Tre parole per descrivere il tuo stile.

Provocativo, dettagliato, contaminato.

Al White eri tra i protagonisti di un talk sull’impatto dei digital influencer sulla moda. Qual è il tuo rapporto con i social?

Non al top del suo splendore, nel senso che spesso ancora oggi è un dovere postare sui social. E’ il mercato che te lo impone. Da una parte è sicuramente un bene, ma purtroppo a me non viene ancora del tutto naturale. Ad esempio, faccio la foto per fermare la situazione, poi magari impiego mezz’ora per postarla. Nel senso che metto via il telefono, mi dedico ad altre cose, si fa tardi e così dimentico di caricare l’immagine. Al momento quindi è un rapporto un po’ distaccato, mi viene più facile con il prodotto che con il mio profilo personale. In ogni modo cerco comunque di adattarmi a questo nuovo mondo digital.

Come ti vedi tra 5 anni?

Sicuramente con il brand ancora in piedi che ha ampliato la sua merceologia, magari anche nell’abbigliamento. Poi chissà… a fare l’art direction da qualcun altro.

A quale proposta azzardata risponderesti whynot?

Assumere la direzione artistica di un grande brand che sta andando malissimo.

La canzone che ha accompagnato la tua adolescenza?

Ogni sera per un annetto e mezzo della mia vita, prima di andare a letto, ero solito guardare tutto il dvd del concerto di Michael Jackson.

Ecco qualche foto della prossima SS16 collection!

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