Abbiamo fatto quattro chiacchere con Paolo Bordino street artist milanese di fama internazionale meglio conosciuto come Pao, in occasione della sua personale Black Hole Fun che  da domenica 1 a lunedì 31 marzo sarà visitabile presso lo spazio Artea Gallery (corso Buenos Aires 52 – Milano).

In questa mostra, curata da Jacopo Perfetti, saranno presenti oltre 20 creazioni tra dipinti 2D e 3D, sculture e sperimentazioni su vetroresina e legno, realizzate negli ultimi due anni. Pao racconta una società ingrassata ironicamente rappresentata dalla serie Donuts, dove ciambelle dopate ingannano lo spettatore trasformando il concavo in convesso. Giochi di prospettiva che fanno sprofondare chi guarda in vortici in bianco e nero che falsano la percezione dello spettatore, creando una tridimensionalità inesistente.

wnm: una prima domanda mi sorge spontanea… perchè i pinguini?

pao: Pinguini? Sono loro ad avermi chiesto di disegnarli, io non ho fatto altro che dargli retta, erano troppo carini e coccolosi per potermi rifiutare. All’inizio era divertente, adesso mi obbligano a disegnare e dipingere tutto il giorno.

wnm: Chi è Pao?

pao: Pao nasce a Londra nei sotterranei dell’Hammersmith Hospital dove viene allevato dalla sorella di Mama Africa. Cresce mangiando cartoni animati e videogiochi, ad un anno viene adottato da un re buffone ed una regina, impara il mestiere della corda e del martello a cui nel tempo si aggiunge quello del pennello. Per un certo periodo sogna di giorno e colora la notte. Ultimamente costruisce giochi impossibili per bambini anziani, trabocchetti, lenti colorate per nonvedenti ed altre amenità.

wnm: come ti sei avvicinato al mondo dei graffiti? Ricordi la prima volta che hai preso una bomboletta in mano?

pao: Ho prima iniziato a dipingere pinguini, poi è arrivato tutto il resto. Lo spray era semplicemente lo strumento più rapido con cui dipingere, la tecnica l’ho acquisita con il tempo. Poi per vicinanza di strumenti e campo d’azione ho iniziato ad interessarmi a cosa c’era intorno, street art e graffiti, ho così iniziato a frequentare altri che come me pensavano che la strada e lo spazio pubblico fosse il luogo adatto dove esprimersi.

wnm: come hai compilato la voce “professione” sulla carta d’identità ?

pao: Artista

 

wnm: Cosa ne pensano i tuoi parenti del tuo lavoro? Riescono a riconoscerlo come tale?

 

pao: Fin da ragazzo ho fatto tanti lavori, call center, lavapiatti, allestitore in fiera, imbianchino, fonico, barista, tecnico di palcoscenico in teatro… i lavori artistici sono arrivati pian piano e con il tempo hanno sostituito ogni altra attività. I miei mi hanno sempre sostenuto nelle scelte, aiutandomi a mantenere la testa sulle spalle. Mi sono sempre dovuto mantenere e dover affrontare gli aspetti economici della vita mi ha obbligato sempre a “giocare” seriamente. La mia compagna lavora assieme a me occupandosi della grafica e degli aspetti organizzativi e quindi è una scelta condivisa e adesso che abbiamo due figli piccoli, è bello sentirli dire all’asilo che loro papà fa il pittore.

 

wnm: Cosa vuol dire per te essere uno street artist?

 

pao: Quando ho iniziato, dipingevo effettivamente solo in strada e gli altri mi definivano “writer”, io mi lamentavo cercando di stabilire le differenze tra “graffiti” e street art. Da qualche anno alterno l’attività outdoor a quella in studio con soddisfazione. La verità è che le definizioni non mi piacciono proprio, significa mettere dei paletti e appena qualcuno mi rinchiude in un recinto ideologico a me piace uscirne, proprio per questo spazio dalla street art all’arte su tela, ma anche scultura, istallazioni, collaborazioni con aziende, design, comunicazione… La street art prende la dimensione di fenomeno globale nei primi anni del 2000, con mille sfaccettature ma con alcuni punti salienti, come la necessità di riappropriarsi degli spazi pubblici e riaprire un dibattito sulla funzione dell’arte e sulla società contemporanea. Il mainstream però riesce a masticare, digerire e rigurgitare tutto: da fenomeno di contestazione e marginale la STREET ART è stata accettata dal sistema e addomesticata. Nel momento in cui la street art ha cominciato ad avere un interesse economico ha sostanzialmente perso di significato in quanto si è piegata alle leggi dell’economia.
E’ un dato di fatto che anche gli artisti mangiano due volte al giorno e quindi sta nell’ordine delle cose, molto difficile riuscire a sottrarsi da tutto ciò. Ogni giorno appare un nuovo street artist con l’idea di promuoversi in strada per poi presentarsi in galleria con il book di opere street che va tanto di moda. Anche per questo mi interessa un po’ di meno farlo con continuità, quando dipingo in strada è perché mi piace ancora farlo, mi piace lo scambio con il pubblico che si crea, mi piace la possibilità di migliorare l’ambiente in cui viviamo.

 

wnm: Quale canzone ha accompagnato la tua adolescenza?

 

pao: “Modern man” dei Bad Religion

 

wnm: A quale proposta azzardata risponderesti “why not”?

 

pao: Assolutamente tutte.

 

wnm: Ci scatteresti due foto una con la tua migliore e una con la peggiore espressione?

 

 

pao per Whynot
Avete tempo fino al 31 marzo 2015 per ammirare dal vivo le sue opere e farvi travolgere da un’esperienza percettiva del tutto nuova.
Black Hole Fun
Artea Gallery
corso Buenos Aires 52 – Milano
dal martedì al giovedì dalle 13 alle 19.
Ingresso libero
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Scritto da Federica Sciancalepore